L'architettura. L'architettura.
Non avete mai sentito nominare quei quattro tetti? Ebbene, io vengo di là. 

Il passaggio della Storia a Santo Stefano Belbo è rappresentato dai resti della torre del castello, ma a testimoniare le trasformazioni politiche e sociali delle diverse epoche sono anche le chiese e i monumenti del paese. Prima fra tutte, l’abbazia di San Gaudenzio, fondata dai monaci benedettini in stile romanico e che secondo alcune fonti sostituì un sito pagano dedicato a Giove Capitolino.

Il passaggio della Storia a Santo Stefano Belbo è rappresentato dai resti della torre quadrangolare del castello duecentesco, ma a testimoniare le trasformazioni politiche e sociali delle diverse epoche sono anche le chiese e i monumenti del paese, a cominciare dalla torre medioevale i cui resti ancora campeggiano sulla collina di Santa Libera.

Tra gli altri elementi significativi, l’abbazia di San Gaudenzio, alla quale si affiancano la chiesa dei Santi Giacomo e Cristoforo e l’ala coperta della centrale Piazza Umberto I, che il mercoledì ospita il mercato, teatro degli eventi e degli appuntamenti più importanti per la vita del paese.
Il Rinascimento permane tra le mura del Parrocchiale del Sacro Cuore di Gesù con il suo soffitto a cassettoni, mentre Santa Margherita Vergine e Martire è la chiesa parrocchiale della frazione Valdivilla, caratterizzata da affreschi del 1900.

Ognuno degli edifici porta con sé un tratto di Storia e tra le vie del paese si scorgono dettagli di epoche antiche, valorizzati nei tempi moderni: dai portoni sovrastati da lunette con fregi, ai tombini forgiati con forme cristologiche, dalle scritte sui muri di insegne passate ai balconi ornati con maschere spaventose, per far desistere i malintenzionati.
Pavese raccontò con le sue parole, Santo Stefano Belbo e le sue strade.



Fondata dai monaci benedettini in stile romanico, l’abbazia di San Gaudenzio sorge prima dell’anno 1000 ai piedi della collina di Moncucco, probabilmente in sostituzione di un tempio pagano dedicato a Giove Capitolino.

Tale origine era comune, all’epoca, con diverse chiese e costruzioni cristiane che, per volontà dei primi predicatori, dovevano – letteralmente – prendere il posto degli antichi idoli romani.
Nel Medioevo, l’abbazia non comprendeva solo il luogo di culto, ma anche un chiostro, una scuderia, probabilmente diverse dimore per i monaci e altri edifici connessi extra usum religiosum.
Testimoni di una storia dinamica, le sue mura racchiudono ancora elementi di rilievo artistico, come le tre absidi semicircolari in pietra arenaria con pregiate monofore, la sacrestia, mosaici e sculture.
All’ingresso è presente una stele romana del I secolo sulla quale è ancora riconoscibile il nome e la sagoma in bassorilievo di una donna, presumibilmente Cornelia, che stringe la mano di un ufficiale romano, rappresentando l’unione di due coniugi fedeli anche al termine delle loro vite.

La chiesa secolarizzata dei Santi Giacomo e Cristoforo, la cui costruzione è datata tra la fine del XIII secolo e l'inizio del XIV, è oggi la sede dell’Auditorium della Fondazione Cesare Pavese.

Costruita ai piedi della collina di Santa Libera, area dove nacque il primo insediamento della zona e accanto ai resti del castello, dove è ancora possibile vedere la torre duecentesca, la chiesa originaria era strutturata in due campate antistanti la zona absidale, con navata centrale.
Le informazioni architettoniche derivano da studi archeologici, in assenza di una documentazione risalente all’epoca della sua fondazione. Si presume che la posizione dell’ingresso non sia stata modificata nei secoli.
Tuttavia, fu ampliata: una campata sul lato orientale e una nuova abside semicircolare sono stati conglobati successivamente, così come le due navate laterali. Successivo alla fondazione anche lo spostamento a Est dell’area presbiteriale, prima della fine del XV secolo.
Ogni secolo contribuì alla tutela e al restauro dell’edificio che, tuttavia, nel 1926 venne dismesso, sconsacrato e lasciato in stato di abbandono. Fu nel 1994 che il Comune decise di trasferire tra le mura della chiesa, acquistata dall’Amministrazione, il Centro Studi e la Biblioteca Civica, le cui sedi furono rese inagibili dall’alluvione.

Santo Stefano nacque sulle ultime propaggini della collina di Santa Liberata, conosciuta come Santa Libera, dove oggi sono ancora visibili i resti di un’antica torre medioevale, parzialmente danneggiata, e alcuni resti di cinta murarie dell’antico e coevo castello.

Conosciuta anche come “collina della torre”, l’area rientrò nell’interesse di un gruppo di ricercatori della Sovrintendenza Archeologica del Piemonte, che condussero una campagna di scavi tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90. L’esito dell’opera di recupero archeologico riportò alla luce reperti datati tra il IV e il XV secolo, tra i quali una cinta muraria lignea del VI secolo, a cui si sovrappose una fortificazione in muratura e un ampio locale interamente rivestito in pietra di datazione incerta, forse un tempo utilizzato per il contenimento di acqua.
Il Castello è, probabilmente, l’esito di un ingrandimento di una già presente casaforte, intorno alla metà del XIII secolo, a opera dei Marchesi di Busca.
Fu nel XV secolo che le truppe milanesi di Filippo Maria Visconti rasero al suolo il castello e danneggiarono la torre costruita con funzioni di vedetta, che in parte resistette al bombardamento dell’artiglieria.
Definita “altissima” dal conte Carlo Emanuele Incisa-Beccaria, il rudere – che oggi è proprietà privata – misura 24,85 metri ed è diventato uno dei simboli del paese.